La storia di Antonio...

03.12.2013 19:27
Quando qualche anno fa, a Montesilvano, mi fu chiesto per la prima volta di raccontare la mia storia rimasi un po' perplesso. A me pareva così comune e normale da non sapere proprio cosa dire e nel contesto del posto da raccontare c’era ben poco. Non che ora non lo pensi ma è anche vero che è passato del tempo che certamente non ha fatto dimenticare "quei" giorni, probabilmente ha semplicemente ovattato i ricordi di quelli "successivi".
Tornando indietro con la mente, ormai ad oltre 22 anni fa, “qualcosina” ricordo,  un po’ appannato ma ricordo...
 
Quando mi hanno ricoverato non sapevo niente dell’intervento, non sapevo cosa avrebbero fatto ne cosa aspettarmi anche se devo ammettere di non aver mai chiesto. “Nell’appannamento” mentale c’era spazio solo per il tumore, a cosa e come sarebbe stato il dopo ma, soprattutto, se ci sarebbe stato un dopo oltre alla domanda delle domande... “perché proprio a me?”.
 
L'unica cosa che sapevo dell’intervento era che mi avrebbero fatto una "deviazione" ma non avevo la più pallida idea di cosa fosse ne, pur nella sua logicità, a cosa servisse.
Dopo analisi, esami e qualche contrattempo il 25 marzo 1991 venni operato ma i ricordi “riprendono” solo dal 27.
Tra drenaggi e garze varie non ricordo con esattezza quando mi sono reso conto che quel "cerotto sulla pancia" non era una medicazione bensì la famosa "deviazione" di cui avevo sentito parlare. Non che "vedendola" ne sapessi più di prima come non sapevo per quanto tempo avrei dovuto tenerla.
Quando arrivò il giorno delle dimissioni non potevo che essere contento di rientrare in possesso dei miei spazi, della mia casa, ritornare alla mia vita, ma allo stesso tempo preoccupato sapendo di lasciare quella che potevo considerare "un'oasi sicura", un luogo in cui mi sentivo “protetto” e senza sapere esattamente quale sarebbe stata la “strada” da seguire.
 
Una volta uscito mi sono trovato ad affrontare tre aspetti differenti conseguenti all’intervento.
Uno di carattere burocratico. Andare per ambulatori a richiedere certificati, per uffici per avere autorizzazioni e ancora cercare di capire come e dove reperire i presidi medici. Spesso era un ripetere le stesse richieste in maniera differente in modo particolare quando davanti a me trovavo "burocrati" anziché "persone". Posso dire, fortunatamente, che ancora oggi le “persone” superano i “burocrati”.
Il secondo aspetto era fisico. Tutto sommato da quel punto di vista ero contento, ogni giorno una nuova “conquista”. Dal camminare sempre più dritto allo stare seduto alla guida senza provare fitte ad ogni sobbalzo fino a potermi “risedere” sul sellino della bicicletta per i piccoli spostamenti verso il centro della città.
 
Restava un ultimo ostacolo da superare, la mente. Il fattore meno “visibile” ma probabilmente il più “subdolo”. Se per le questioni pratiche un rimedio bene o male saltava fuori e per l’aspetto fisico i continui progressi erano evidenti per la mente questo non era possibile anzi continuava a “macinare” pensieri.
Uno dei pensieri era che non intendevo portare a lungo quella parte estranea, che non volevo accettare e rifiutavo di credere che avrei dovuto conviverci per il resto della vita. Solo e con la stomia, lentamente mi stavo isolando sempre più.
 
Ho cominciato a consultare specialisti arrivando fino al Centro Oncologico di Milano. Chiaramente i responsi erano tutti identici a differenza delle delusioni che erano sempre "nuove". Andai a Ferrara dove un professore mi prospettò una possibilità. Avrebbe tolto un muscolo da una gamba per ricreare lo  sfintere, le probabilità di un esito favorevole erano del 30%. Era il 1996 e quello fu l'ultimo "no" che accettai. Ero stanco e amareggiato, “incredulo” che fosse possibile trapiantare diversi organi ma impossibile “rimettere un semplice” muscolo. Probabilmente in quel momento ero egoista e un po’ superficiale, irragionevole, ritenendo più semplice trapiantare lo sfintere al trapiantare un cuore.
 
Per la serie "i problemi non viaggiano mai soli" qualunque fatto accadesse, e ne sono accaduti, era sempre e solo colpa  della deviazione e l'ignoranza completava l'opera. Non sapevo con chi parlarne o  confrontarmi e questo non faceva che portare ad isolarmi, per certi versi a diventare "presuntuoso" ed intollerante. Non sapevo a chi chiedere per capire come “funzionasse” esattamente, come avrei dovuto comportarmi per gestire al meglio la stomia.
Anche i momenti piacevoli, come preparare e prepararsi per un viaggio, una vacanza venivano condizionati, lo stesso decidere la località era influenzata e mai troppo lontano da casa e in base ai servizi sanitari.
Non posso certo negare di non aver “accusato” il colpo lasciandomi andare, isolandomi fino a, per certi versi, ignorare tutti e tutto non facendo altro che aumentare la mia “solitudine”. Un aiuto non indifferente mi è arrivato da internet.
 
Inizialmente i costi della connessone mi obbligavano ad un utilizzo a partire dalle ore 20 ma fortunatamente la tecnologia progrediva aumentando la velocità al contrario dei costi che calavano permettendomi i primi confronti, finalmente potevo parlare con chi viveva la mia stessa situazione, benché nel reale non avessi incontrato altre persone che vivevano la mia situazione, attraverso il virtuale stavo scoprendomi meno “solo”.
 
Era già passato qualche anno e mi accorgevo che sapevo rispondere alle domande che mi venivano poste e mi accorsi che da queste ne traevo un maggior beneficio, rispondere alle domande di chi si sarebbe trovato a breve nella mia condizione, emotivamente parlando, mi "rendeva" più di quanto davo.
 
Cercando risposte, ho trovato domande.
 
Non era diventato tutto facile come non è tutto facile, del resto io stesso mi sono reso conto di essere cambiato nel percepire in maniera differente i fatti e questo inevitabilmente ha cambiato le mie priorità. L'opportunità di confrontarmi e parlarne, oltre al passare del tempo, mi ha aiutato e ampliato le prospettive su ciò che accadeva ma, soprattutto, a comprendere quello che, sia pure con qualche "contrattempo", realmente è la stomia, il rimedio e non la causa "di tutti i mali".
La stomia è "quella cosa" che mi ha permesso di riprendere per mano la mia vita, "quella cosa" che mi ha permesso e mi permette di tornare anche alle mie passioni...
 
... a viaggiare e visitare nel tempo numerose località sparse per l'Europa
tanto che "unendo" tutte le mete raggiunte si arriva a comporre questo percorso.
 
 
La stomia è "quella cosa" che mi ha permesso e mi permette di tornare a fotografare riuscendo ancora a cogliere e vivere "attimi".
 
Tra una domanda e una risposta continuavo ad esplorare la rete e nel 2006 mi sono imbattuto, quasi casualmente, prima nel forum dell’Aris FVG poi, nel 2007, in quello della FAIS. Pian piano il virtuale si trasformava in reale, venni invitato ad un loro incontro e terminato mi diedero il contatto di chi progettava di far nascere un’associazione per il territorio locale.
L’associazione è nata... è cresciuta... ed eccoci qui...
 
Non è stato facile e a volte ancora oggi non lo è, ci sono situazioni sanate altre rimediate e altre ancora irrimediabilmente perse ma non so fino a che punto siano imputabili esclusivamente alla stomia, forse le hanno accelerate o accentuate ma con buona probabilità avrebbero fatto ugualmente parte del mio quotidiano. Il più delle volte è più semplice crearsi alibi dando la colpa a fatti o persone che ammettere di avere sbagliato. Il mio alibi, la stomia, era più che accettabile oltre che ben tangibile, chiaramente è ancora “presente” ma non più un peso.
 
Non è stato facile e a volte non lo è neanche oggi ma non è certamente la stomia la causa di tutti i mali e se in questo momento mi dicessero di aver trovato una tecnica che da ottime possibilità di ricanalizzarmi, pur non dando mai niente per scontato... dubito fortemente accetterei.